giovedì 29 novembre 2012

Intercultura e balle varie

Ciao, pirati! Che mi succede di recente?
Succede che sto pianificando l'anno prossimo. Sapete cosa sia intercultura? Per chi avesse risposto no, è un'associazione che organizza soggiorni di studio all'estero, consentendoti di fare anni scolastici fuori dall'Italia.
Oh si.
America.
Non ho scelto proprio intercultura, ma un'associazione diversa, per 3 principali motivi:
1) Con intercultura non ti mandano esattamente dove vuoi tu, devi fare una classifica con minimo 3 e massimo 10 scelte, quindi tu puoi mettere l'Australia al primo posto e ritrovarti imbarcato a tradimento su un aereo per Pechino (ed è successo).
2) Anche se avessi voluto farlo, comunque le iscrizioni sono già chiuse da qualche settimana.
3) Ho scritto tre motivi perchè suona più figo, ma non me ne viene in mente un terzo. E' il pensiero che conta, su. Non siate superficiali.
Il punto è che non sono ancora sicura al cento per cento, ma se aspetto che le iscrizioni chiudano ovunque non vado più e me ne pentirò fino alla fine dei tempi/ devo iscrivermi in una di quelle associazioni dove servono i big money, e mi tocca rapinare una banca.
Ho il colloquio l'11 dicembre e in teoria dovrei studiare come una dannata perchè mi faranno un test di inglese, in pratica mi limiterò a fare indigestione di film in lingua.
Sono sicura, sembre che venga presa, di finire negli Stati Uniti, ma sapete il problema?
Gli states sono 50. E, cosa che tutti tendono a dimenticare, comprendono anche Alaska e Hawaii, nei quale potrei tranquillamente finire. Farsi un anno alle Hawaii forse non è esattamente una cosa della quale lamentarsi, ma andare a farmi sgranocchiare le caviglie da qualche lupo/orso/igloo posseduto non è una prospettiva poi così attraente. Perchè per quanto con la mia associazione non corra il rischio di finire in Cina, in Germania o posti che non c'entrano nulla, non ho nessun potere decisionale sulla precisa destinazione finale.
E non è neanche finita qui.
Cercare una famiglia che dia la propria ospitalità a un'estraneo senza neanche essere pagata non è facile, quindi in teoria possono darmi la destinazione finale anche due giorni prima della partenza.
Capite? Io magari non compro nulla di particolare, e poi due giorni prima scopro che vengo mandata in mezzo al deserto a mangiare datteri con una famiglia di beduini che gioca a poker con i cammelli (questa forse è un tantino improbabile) o che in un posto dove in una giornata standard ci sono -30 gradi al sole.
"- Mamma, e se finissi in qualche posto esotico? Ho assolutamente bisogno di quel bikini e altre venitimila cose inutili che ilcielomicadaaddosso se sono scuse!"
Mh. Questo potrebbe essere un risvolto interessante.
Scusate, ora vado a rotolarmi nella mia americana disperazione (si, mi rotolo ovunque, abituatevi).

giovedì 1 novembre 2012

Siamo tutti morti, accettiamolo

- In pratica non è stato concepito come un film di animazione, è che degli artisti l'hanno rielaborato disegnando fotogramma per fotogramma sulla pellicola originale, capite?
- Ma di che sta parlando prof?
- Il film! Sto per farvi vedere un film!
Con queste parole il prof di religione è entrato in classe portando un computer sottobraccio, e senza spiegare nient'altro dopo aver armeggiato un po' ha girato lo schermo verso di noi, incitandoci a raggiungerlo.
Così, mentre dietro di me qualcuno rollava sigarette e qualcun'altro trascinava banchi, è partito quello che per me è un inno alle seghe mentali.
Il film inizia riprendendo due bambini che giocano con un coso non meglio definibile di carta, quello che tutti noi facevamo alle elementari mettendo insulti agli altri bambini, correndo ovunque da bravi scartavetrapalle mentre chiedevamo di scegliere un colore/numero. Fingerò di credere che abbiate capito. Comunque esce la frase "il sogno è il destino".
La scena si sposta su un ragazzo uscito da una stazione, che si fa portare in giro da un tassista con la macchina a forma di barca senza una meta. Da lì in poi la trama fa ciaociao, vengono inquadrati diversi personaggi sconnessi tra loro con cui parla, anche se in realtà sono più dei monologhi che trattano di argomenti complicati dai temi più strani. 
Il problema è che per quanto il sottofondo filosofico-malinconico sia molto interessante, lo stile del disegno distrae così tanto da farti perdere il filo di un discorso così impegnato.
Come ad un certo punto in cui un uomo parla in un bar, e la sua faccia continua a gonfiarsi e deformarsi, impedendoti di capire cosa stia dicendo, soprattutto se sei in una classe rumorosa.
Ma il punto che mi ha colpita di più è stato uno in cui il nostro anonimo protagonista dal femminile taglio di capelli era assente, e c'era un dialogo tra un'uomo e una donna sdraiati a letto.
Lui esordisce dicendo che ultimamente pensa sempre a una cosa che lei ha detto, cioè che lei si sentiva come se stesse vedendo la propria vita dall'esterno, come se fosse vecchia e stesse riguardando i propri ricordi durante un sogno.
Dice di aver letto su una qualche rivista scientifica che dopo la morte l'attività celebrale continua per circa sei-sette minuti, in stato onirico.

Voi avete mai avuto questa sensazione? 
E se stessimo sognando? Se stessimo in realtà ripercorrendo la nostra vita mentre siamo così vicini alla sua fine? 
Se ci pensate, quando la mattina ci si riaddormenta dopo essersi svegliati per poi alzarsi definitivamente, spesso capita di fare in un minuto dei sogni molto articolati, certamente più lunghi del tempo passato effettivamente addormentati.
Setti minuti di sonno possono equivalere a una vita intera?